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Nell’attesa che si aprono le porte del processo di appello, la cui prima udienza è fissata per il prossimo 14 dicembre dinanzi alla Corte di Assise d’Appello di Firenze, soffermiamoci sulle nebbie che ancora si attanagliano in questa vicenda. Nulla è mai cambiato nella versione di padre Graziano, neanche dopo il processo che lo ha condannato a 27 anni di carcere ha sempre sostenuto di non aver mai avuto il cellulare di Guerrina, non ha mai fatto mistero dell’interesse che la stessa manifestava nei suoi confronti ha sempre sostenuto con fermezza di non aver mai avuto una relazione con lei e ha sempre negato di averla vista quel 1° maggio.ĭello stesso parere sono i suoi avvocati che hanno impugnato la sentenza di primo gradoin quanto convinti di poter ribaltare il verdetto e dimostrare alla Corte l’innocenza del prete congolese. Ed ancora dal 2 maggio, giorno dopo la scomparsa, Mirco intensificò i contatti telefonici con una rumena, spiegando al riguardo che pensava che la moglie lo avesse lasciato mai però si è proceduto a periziare il suo cellulare.ĭal canto suo il prete non ha mai smesso di proclamarsi innocente! In merito, è a tutti noto, come è emerso nell’ambito del procedimento, che il rapporto di coppia era deteriorato, vi erano continui litigi inoltre Mirco fu assieme a padre Graziano per l’intero pomeriggio del 1° maggio (lo accompagnò ad un funerale). Secondo l’avvocato Luca Fanfani, che difende padre Graziano, in tema di indagini lacunose ed accertamenti non eseguiti, non è stato ad esempio sufficientemente analizzata la figura ed il ruolo di Mirco Alessandrini, marito di Guerrina.

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Non si può negare che intorno a Padre Graziano è stato cucito la veste del “prete deviato” le indagini sin dall’inizio si sono indirizzate nei suoi confronti, tralasciando verosimilmente altri aspetti che potevano essere considerati ed approfonditi.

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Vedeva minacciate la salvaguardia del suo onore e la sua dignità di prete”. Pertanto un processo ed una decisione costruita sugli indizi la Corte d’Assise che, il 24 ottobre 2016, ha condannato il prete congolese a 27 anni di reclusione, ha motivato la sentenza con la seguente tesi: “ Padre Gratien uccise Guerrina Piscaglia per evitare uno scandalo. Quello di Guerrina rimane comunque un omicidio senza il corpo della vittima visto che non è mai stata ritrovata dal giorno della sua scomparsa.Īddivenire ad una condanna di omicidio pur in assenza del ritrovamento del cadavere, ha significato inevitabilmente un affievolimento del principio di “ al di la di ogni ragionevole dubbio”.Īl riguardo, significativa è la seguente circostanza: dieci giorni dopo la scomparsa di Guerrina, il seguente messaggio – partito dal suo cellulare – viene inviato alla catechista Giuseppina con il seguente testo “ Non prendetevela col prete  io sono fuggita per amore” poichè le celle telefoniche agganciate dal telefono di Guerrina, al momento dell’invio di questo messaggio, erano le medesime che, nello stesso istante, agganciavano il cellulare di Padre Graziano, si è ritenuto che a scriverlo sia stato lui, utilizzando il telefonino di Guerrina, deducendo altresì che sia stato a lei sottratto nella fase di occultamento del cadavere.

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Per il pm Marco Dioni i punti che hanno dimostrato la colpevolezza del congolese, sono stati l’alto numero di chiamate tra Padre Gratien e Guerrina prima delle ore 14 del primo maggio, gli sms mandati dal cellulare della Piscaglia dopo la sua scomparsa, carichi di errori di ortografia, nonchè il depistaggio messo in atto dal frate secondo il quale la donna poteva essere partita con un ambulante marocchino stiamo parlando della fantomatica figura dello zio Francesco, personaggio che la Procura e i giudici hanno considerato totalmente inventato, al fine di depistare.Ī chiudere il quadro infine intervengono le numerose contraddizioni in cui è caduto il religioso durante i lunghi interrogatori. Sembra scucita da un romanzo di un umorismo triste la storia di Guerrina Piscaglia, la mamma di Ca’ Raffello,nel comune di Badia Tedalda (Arezzo), uscita di casa l’ultima volta il 1° maggio 2014 ed inghiottita dal nulla dove una verità processuale la restituisce cadavere e ci restituisce anche un colpevole: il frate congolese Padre Graziano di nome Gratien Alabi, condannato a 27 anni di reclusione per l’omicidio della donna.









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